È finalmente in ristampa presso Mimesis-Jouvance questo libro che, pubblicato in prima edizione italiana per Feltrinelli nel luglio del 1980, rimane una tappa fondamentale della ricerca sugli stati modificati di coscienza. Ce ne informa lo stesso curatore, Gianni De Martino, aggiungendo un interessante stralcio dalla sua introduzione:
[Dopo le esperienze pschedeliche di massa emerse negli anni ’60] la nozione di “transe” (o trance) si trova ampliata e non più limitata a designare unicamente l’isteria, il sonno ipnotico e lo stato speciale di soggetti che partecipano a esperienze medianiche. In un secondo tempo la parola “transe” si è arricchita grazie alle ricerche etnologiche sui riti di possessione e infine è entrata nel vocabolario del “movimento del potenziale umano” e in quello politico della “nuova coscienza”.
La transe contemporanea non è la coscienza ipnotizzata, e neanche la coscienza assoggettata al rituale: al contrario, sarebbe una “risorsa vitale” (Renato Curcio) per individui o gruppi a disagio nella civiltà, ovvero una disponibilità cui si può ricorrere in caso di bisogno. La condotta di una coscienza liberata da confini ristretti e da appuntite foreste di “difesa”, sarebbe esplodente, capace di mettere da parte il piccolo io empirico e di abitare il mondo attivamente e di estasiarsi nel mondo. Si prospetta così una coscienza più presente degli abituali stati di veglia normali (NSC) dominati dall’autopreoccupazione e ligia a un dovere immaginario che consiste nel controllare, stare attenti, allontanare…fino a tagliare “nel vivo” e a porre continuamente ( vale a dire senza misericordia e in un giro senza fine di travestimenti multipli) confini armati a difesa delle proprie ricchezze. Invece di restituire, al buio, tutti i gioielli e Spogliarsi dei Metalli secondo il vocabolario simbolico della preparazione al viaggio iniziatico nel Rituale Massonico.
Generalizzando queste pratiche, Lapassade finisce con l’enunciare una definizione antropologica della transe come stato modificato di coscienza culturalmente elaborato, socializzato e ritualizzato. In questo schema si ritrovano così le transe verificate dall’antropologia classica e dall’etnologia. A tale proposito questo saggio sulla transe potrebbe essere utile dal punto di vista di come viene affrontata la sofferenza dei migranti. “Spesso – come osserva Leonardo Montecchi – ci sono forme di transe di possessione legate alla loro cultura d’origine là dove gli psichiatri del DSM vedono niente altro che una paranoia o addirittura una schizofrenia”.
Da questo e da tanti altri punti di vista questo libro, che ha il pregio di condensare in poche pagine tutto ciò che si sa della transe in ambito antropologico e storico, resta un testo indispensabile e quanto mai attuale. D’altra parte, la transe non è relegabile tra le curiosità etnologiche, a condizione d’abbandonare il punto di vista positivista sulla transe dei ” paesi lontani ” per cominciare a vedere che questa esperienza fatta altrove e che ha radici nelle coscienze e nei corpi, è anche la nostra e la si trova qui e ora sotto forma di fenomeno latente o già espresso.