Qualcosa si muove e stavolta sembra con forza anche in Italia. A pochi giorni l’una dall’altra sono partite la raccolta delle firme (online) per chiedere la consultazione referendaria sulla depenalizzazione della coltivazione casalinga della cannabis e una proposta di legge parlamentare.
Il quesito referendario chiede di intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative rispetto all’uso personale. Occorre raggiungere 500.000 firme entro il 30 settembre: ad oggi ne sono state raggiunte 220.000 (in 48 ore).
L’iniziativa si aggiunge alla recente approvazione, presso la commissione Giustizia della Camera, del testo unificato che introduce analoghe depenalizzazioni, pur se l’iter per la discussione in aula di una tale proposta di legge è ancora lungo.
Passi questi che rientrano nel contesto più ampio, anzi potremmo dire globale, che vuole porre fine alla Guerra alla droga lanciata mezzo secolo fa (dagli Usa al resto del mondo), ribadendo la necessità di pianificare gli scenari successivi, cioè la Peace On Drugs. Entrambe le iniziative puntano a rimuovere lo stigma sociale e la criminalizzazione di chi fa uso di sostanze illegali – augurandoci che ciò funga da apripista anche per gli psichedelici che sono al centro della nostra rete Psy*Co*Re. Un progetto che non si occupa strettamente di questioni politiche, ma vuole stimolare la circolazione della conoscenza, le attività di studio e di ricerca e la mediazione istituzionale intorno a queste piante e sostanze, come specificato nel nostro Manifesto.
Ambito cui ovviamente rientra la legalizzazione delle “droghe”, enteogeni inclusi: passaggio obbligato per ampliare, appunto, la ricerca scientifica e terapeutica; per informare correttamente su pregi, difetti e limiti delle varie sostanze; per sviluppare spazi culturali collaborativi e condivisi; per tenere d’occhio la corsa all’oro medico-psichedelico e molto altro.
D’altronde la fine del proibizionismo appare in piena sintonia con il mutato clima culturale (ancora una volta, a partire dagli Usa) e con la volontà dei cittadini, puntellata da prestigiose testate scientifiche e da vari movimenti politici. Come spiega anche Michael Pollan nel suo ultimo libro: “Le elezioni [in Usa] del 2020 hanno fornito numerose prove del fatto che gli elettori hanno superato i politici nel riconoscere sia i fallimenti della War On Drugs sia il potenziale di alcune sostanze illecite come potenti strumenti di guarigione”.
Non a caso lo stesso movimento psichedelico ha registrato diversi successi: nel maggio 2019 Denver fece storia diventando la prima città a depenalizzare i funghi contenenti psilocibina per uso personale. Evento seguito da altre formali decisioni locali (Ann Arbor, Oakland, Santa Cruz, Somerville) mirate a depenalizzare il possesso e l’uso personale delle ‘piante enteogene’, inclusive di funghi psilocibinici, peyote, ibogaina. Nel giugno scorso il Senato californiano ha approvato un’analoga proposta di legge, la prima a livello statale: pur se ora congelata a causa della chiusura dell’attuale sessione legislativa, verrà ripresentata con maggior forza e consenso alla prossima di gennaio 2022. E gli attivisti giurano che nel 2024 si arriverà a depenalizzare tutte le “droghe” in Stati quali California, Colorado e Washington.
Si tratta di una serie di passi cruciali per una riforma sulle politiche in tema di “droghe” a livello federale, così da “liberare” quelle incluse nella lucchettata Tabella I del Controlled Substances Act voluto da Richard Nixon nel 1971. Un percorso che non può non estendersi ad altri Paesi e sostanze, inclusa l’Italia e la cannabis.