Riportiamo alcuni stralci da un longread apparso pochi giorni fa su Fuoriluogo: un’articolata sintesi su uso ed effetti, storia e cultura dell’Lsd visti dalla specifica prospettiva femminile, curata dalle Chemical Sisters. Trattasi di uno dei vari aspetti poco discussi o finanche nascosti nell’attuale revival psichedelico, a volte fin troppo teso ad auto-esaltarsi in maniera univoca, sorvolando su ambiti meno ovvi o popolari ma importanti (per non parlare di questioni controverse). Per esempio: «C’è molto da scrivere su donne e sostanze, ma il discorso sugli psichedelici è stato storicamente dominato dagli uomini», come si legge nel pezzo. Aspetti che invece meritano attente riflessioni come questa, soprattutto nel contesto italiano, e su cui torneremo a breve.
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Nel 2005, una studiosa che conosceva la figlia di Gertrude Paltin, trovò un raro libro di consultazione del 1971, scritto da sua madre e Oscar Janiger: A Bibliography of LSD & Mescaline: From the Earliest Researches to the Beginnings of Suppression. Janiger è una figura ben nota nella terapia psichedelica, ma Gertrude Paltin è quasi del tutto sconosciuta. La signora Paltin era una biochimica figlia di immigrati ebrei russi, conobbe il dott. Janiger in quanto il suo primo marito, un medico, era stato uno dei primi soggetti a cui Janiger somministrò l’LSD. È diventata anche lei sua paziente e successivamente assistente e coautrice di questa vasta bibliografia annotata che comprende opere in italiano, tedesco e francese e inglese, suddivise in 18 principali aree di interesse, tra cui pubblicazioni su amministrazione-dosaggio-tolleranza, studi psicologici, studi comportamentali e opere popolari e creative. I riferimenti compilati dalla sig.ra Paltin e Janiger, sebbene non focalizzati su applicazioni terapeutiche e completi solo fino al 1963, forniscono collegamenti altrimenti non recuperabili al primo corpus di conoscenze e ricerche che potrebbero altrimenti essere dimenticate.[1]
Questa vicenda è emblematica della storia nascosta delle donne nella ricerca psichedelica che spesso hanno sostenuto il lavoro dei loro partner e colleghi maschi, hanno fornito conforto ai partecipanti, sono state coinvolte come sitters in sessioni psichedeliche e hanno contribuito a scrivere relazioni, ma sono state molto raramente identificate come co-pari partecipanti ai lavori pubblicati.[2]
C’è molto da scrivere su donne e sostanze, ma il discorso sugli psichedelici è stato storicamente dominato dagli uomini. Le esperienze farmacologiche delle donne sono state contemporaneamente sensazionalizzate per i loro aspetti scandalosi e sterilizzate nei rapporti clinici, per cui il ruolo delle donne nelle indagini sugli psichedelici prima della loro messa al bando per legge è per lo più oscuro e le identità delle prime sperimentatrici donne sono spesso sconosciute. Il discorso sugli psichedelici ha teso a trascurare il contributo delle donne, ma studiose, artiste e terapiste coraggiose e determinate hanno guadagnato e richiesto la piena partecipazione a programmi di ricerca, forum professionali e sforzi educativi, e ora stanno cambiando questo campo. La filantropia è un po’ più indietro, ma è sempre stata un bastione del relativo conservatorismo. Come conseguenza dello storico squilibrio di genere, ci sono un certo numero di donne il cui ruolo significativo nell’esplorazione e nell’impiego di psichedelici per lo sviluppo spirituale, la scoperta personale e l’impatto terapeutico non è stato ben registrato o riportato.[3]