Riproponiamo qui in italiano un articolo pubblicato nell’aprile 2020 dalla redazione di Psymposia, testata Usa non-profit che “offre prospettive di sinistra su droghe, politica e cultura”, come testimonianza della diversità di opinioni in circolazione oggi e come utile strumento per farsi una propria opinione sul tema complessivo. Intitolato Dear Psychedelic Researchers, è una sorta di lettera-invito diretta a ricercatori e psiconauti affinchè ci si impegni davvero a far sì che l’esperienza psichedelica in senso lato possa contribuire al miglioramento di tutta l’umanità. Chiarendo i limiti della medicalizzazione in corso e puntando piuttosto a un più ampio cambiamento socioeconomico, passo necessario non solo per superare una crisi planetaria mai vista come l’attuale pandemia, ma anche e soprattutto per ripensare in maniera creativa e innovativa le strutture economiche, culturali, mediche che ancora discriminano e dividono.
Vi chiediamo un minuto del vostro tempo, ora che stiamo affrontando collettivamente la paura e l’incertezza correlate alla pandemia del coronavirus. Questa situazione ci offre una prospettiva preoccupante sulla natura alterata e corrotta dei nostri sistemi politici, economici, sanitari. Ne emerge però anche uno sguardo ricco di speranza su alcune tra le più virtuose espressioni della natura umana e rispetto a quanti oggi rischiano la vita nella trincea del Covid-19: gli operatori sociosanitari che assistono e confortano i malati, i ristoratori e i fattorini che provvedono alle necessità primarie delle comunità, gli insegnanti che distribuiscono cibo a bambini affamati e alle loro famiglie.
Mentre ciascuno di noi fa l’esperienza dell’isolamento sociale, si evidenzia l’alienazione sociale imposta dal capitalismo avanzato e una salute mentale sull’orlo di un’esplosione altrettanto epidemica che gli psichedelici da soli non possono risolvere.
Da una parte, gli psichedelici rappresentano una promessa per la salute ed il benessere personali, promuovendo un cambiamento individuale e trasformativo: se venissero accolti dalla medicina mainstream potrebbero allo stesso modo impattare verso esiti di guarigione rispetto alla salute mentale collettiva. Ma la corruzione del sistema messa in luce dalla pandemia di coronavirus ci permette anzitutto di intravedere come mai la salute mentale deficitaria ha raggiunto estensioni così epidemiche.
Gli psichedelici potrebbero diventare con facilità la nostra opzione farmaceutica migliore per prendere in carico i sintomi psicologici delle nostre relazioni sociali, ma una cura vera e propria non potrà mai avvenire senza un cambiamento più vasto del sistema socioeconomico tout court. Negli Stati Uniti, la garanzia di cure sanitarie per tutti e un reddito di cittadinanza universale potrebbero rappresentare un buon inizio.
Mentre ci addentriamo nella complessità sfidante dell’attuale condizione sociale, ci si figura realmente l’opportunità di esaminare la natura sistemica dei nostri atti discorsivi e di partecipare nel processo di restauro in corso delle nostre relazioni sociali. Adesso è il momento per noi di costruire le fondamenta, di radicarle nella solidarietà e nel mutuo aiuto, di allinearci gli uni con gli altri per dedicarci insieme alle condizioni materiali a noi comuni, sia in questo momento di difficoltà, sia nel rivolgerci al futuro che verrà. Perché è ovvio che non si può tornare indietro.
Durante la pandemia, i due principali fattori dei danni alla salute mentale ci stanno guardando dritto negli occhi: la disuguaglianza sanitaria e quella di classe. Nel regime capitalista e della cultura dominante – che include la supremazia bianca, il patriarcato, il militarismo – le diseguaglianze sociali perpetuano i traumi che frequentemente si manifestano nella resistenza al trattamento delle malattie mentali.
Uno studio meta-analitico pubblicato dalla Clinical Psychology Review rivela una relazione statisticamente significante tra debito, salute mentale, suicidio tentato o realizzato. Coloro che sono morti per spinta suicidiaria erano 8 volte più a rischio di essere in debito, e coloro che dimostravano depressione sono 3 volte più a rischio di accumulare debito. I suicidi correlati alla penuria economica sono un problema globale che ha raggiunto proporzioni epidemiche. Agricoltori indiani indebitati fino al collo sono solo uno dei tanti esempi di ciò.
La correlazione tra salute mentale e debito presenta prospettive desolanti: la media di debito degli statunitensi è di 38.000 dollari e la media dei giovani millennial (persone tra i 25 e i 34 anni), è di 42.000 dollari con un’eccedenza in negativo rispetto alla generazione dei genitori. Inoltre, il discorso mainstream è drammaticamente incentrato sull’assicurazione sanitaria piuttosto che sulla salute e sulla cura e nonostante ciò, 87 milioni di cittadini sono privi di assicurazione sanitaria, sotto-assicurati o sono state vittime di qualche falla nella copertura assicurativa. In aggiunta, il 70% dei cittadini statunitensi non supera i mille dollari nel libretto di risparmio, mentre il 45% non ne ha affatto. Infine, dal 2000 i numeri di suicidi sono saliti alle stelle. La cosidetta austerity – l’assalto frontale alla rete di sicurezza sociale, giustificato precisamente dalle retoriche sul debito – sta letteralmente uccidendo la gente.
In un contesto di questo tipo, la storiella per cui la medicalizzazione degli psichedelici potrà rivoluzionare la salute mentale, in assenza di un cambio di rotta socioeconomico, altro non è che un’allucinazione persistente.