Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione di Andrea Orsini* da Tunquén, in Cile, a margine dell’intervento tenuto da Riccardo Zerbetto agli Stati Generali della Psichedelia 2019 sul tema della Via Eleusina e delle origini dello sciamanesimo europeo, proposto qui pochi giorni fa.
La bella relazione di Riccardo Zerbetto su Eleusi mi spinge verso riflessioni e ricordi concatenati. La via sacra, la Ierà Odòs che da Atene portava al santuario di Eleusi implica anche una via inversa. Un riflusso da quel luogo di profondo e inesprimibile contatto con la vita, un contro-movimento verso Atene, che per Giorgio Colli segna la nascita della filosofia. Nei primi anni’80 la buona sorte mi aveva portato a intense esperienze con l’LSD nel contesto protettivo e favorevole del teatro di ricerca, dove ero impegnato a tempo pieno. Mi resi subito conto delle implicazioni culturali di quelle esperienze.
In assenza di guide o maestri, guardavo la foto del cileno Claudio Naranjo sul libro di Peter Stafford [Psychedelic Enciclopedia, Ronin Publishing, 1978] edito in Italia da Cesco Ciapanna come alla traccia di un mondo lontano. Quindi mi misi a studiare filosofia e antropologia, senza incontrare le risposte che cercavo, se non in parte negli studi orientali. Qualche anno dopo incontrai Alessandro Fersen per un colloquio di lavoro. Fui assunto come segretario e assistente. Non sapevo che a Colli lo legasse una fratellanza, che dai tempi della guerra si è estesa per decenni, con incontri regolari in un bar di Firenze. Uno veniva da Roma e l’altro da Pisa. Oggetto di questi incontri: una riflessione sulla Ierà Odòn eleusina, per le due direzioni.
Fersen, genovese, laureato in filosofia con Rensi negli anni ’30, dedicatosi al teatro nel dopoguerra, regista e saggista, aveva fondato una suola per attori che è stata tra le più importanti in Italia. La sua vera passione, sulle orme di Nietzsche, era la Grecia classica. Conosceva a memoria la tragedia senza traduzione. Non per un’aspirazione formale o estetica. Voleva andare oltre i testi, tornare alle origini, a quei misteri dove vedeva il punto sorgivo della cultura, l’avvento delle mitopoiesi. Su queste basi elaborò un metodo per esplorare gli stati non ordinari di coscienza, che chiamò mnemodramma. Gli studenti della sua scuola (a lato dei corsi di dizione, recitazione e movimento) potevano anche partecipare al laboratorio di mnemodramma del lunedì.
Per anni ho accompagnato questo originale ricercatore nelle sedute e discusso sulle esperienze a fine giornata. L’essenza di questo metodo può essere definita “via negativa”. Un percorso di “spoliazione e discesa” verso quei luoghi dell’interiorità dove contenuti rimossi si riattualizzano con rinnovato e riconquistato senso. Già molto anziano, Alessandro sopportava con pazienza le mie critiche. Accettavo ovviamente l’essenza della cosa, il viaggio interiore, il cerchio di protezione, la riconnessione delle anime alla propria vocazione “culturale”, nel senso antropologico del termine. Ma insistevo sull’utilità dei catalizzatori psichedelici per accelerare e approfondire questi processi. Lui diffidava della scorciatoia del farmaco. Poteva permetterselo perché la droga era lui stesso, con la sua straordinaria capacità di indurre stati di trance.
Oggi, scrivendo queste righe di commento alla relazione di Zerbetto, per gentile invito di Alessandro Novazio, rifugiato sulla scogliera cilena dall’onda dilagante della pandemia, mi sento di condividere queste riflessioni su quanto ho appreso dai miei due maestri, che hanno dedicato la loro vita a Eleusi.
Fersen mi ha insegnato che per andare da Atene al santuario bisogna spogliarsi di ogni aspettativa, premeditazione, tecnica, filosofia, psicologia o scienza. Colli si è occupato del ritorno dal santuario alla città. Taglia corto Colli, le filosofie del soggetto sono un equivoco fuorviante. La filosofia classica è filosofia dell’oggetto. “Se stiamo parlando di qualcosa stiamo parlando di un oggetto”. Se il “contatto” appartiene al mistero, appena fuori dal recinto di Eleusi il discorso conseguente non potrà che essere logico e dialettico. Un programma che vedeva rispecchiato nei presocratici, Eraclito, Parmenide e Zenone. “L’intelligenza greca è congiunta alla vita sorgiva, pur nelle sue estreme astrazioni. Il cammino tra sensazioni e concetti è continuo, senza spezzature…”.
In questo senso la filosofia critica è al servizio della verità, che appartiene soltanto all’esperienza. E soltanto con questa coerenza sfugge al pericolo di un vuoto nichilismo, intellettuale o mercantile. In oriente il buddhismo di Nagarjuna si è espresso sulla stessa linea. Il tema è quanto mai attuale e politico. Siamo in un mondo preda di vecchi e nuovi “assuntori di potere”, ovvero di quei “fantasmi usurpatori” descritti da Max Stirner e da Nietzsche, che lavorano incessantemente per imporci simulacri del “reale”, lo stato, la religione, la scienza, il sesso di gomma o qualsiasi altro oggetto di marketing, con l’oscuro fine di espropriarci dal nostro diritto naturale all’autoconoscenza.
Sono passati oltre trent’anni da queste frequentazioni, conservo il ricordo della freschezza e del coraggio di questi autori, ma, forse proprio grazie a loro, ritengo che la complessità di questa materia non sia riducibile a nessuno schema. Non c’è un netto andare all’esperienza e un netto ritornare, un puro solvere e un puro coagulare. La vita è un processo dinamico che si auto-rivela nel punto di equilibrio tra emozione e forma, o tra esperienza e pensiero, sempre compresenti. Una buona filosofia può funzionare da “vaccino” contro le sclerosi che ostacolano tale processo. Ancora più vicini a Eleusi saremo fluendo nell’Arte di ruotare, o danzare, intorno a quel centro segreto, luminoso e ineffabile che portiamo in noi stessi.
* Andrea Orsini (Roma, 1960) ha studiato antropologia e filosofia (Università La Sapienza, Roma). Ha lavorato nel teatro di ricerca con il Teatro dell’IRAA come associato e con Alessandro Fersen come assistente. Focalizza i suoi studi sulle tecniche del corpo e gli stati coscienza. Nel 1983 apprende il Tai Chi da Peter Yang conservandone la pratica. Dal 1990 si è dedicato al design di oggetti d’uso e materiali per l’architettura, integrando operazioni artistiche con progetti d’impresa. Dal 2015 si occupa di progetti olistici orientati alle relazioni tra corpo, colore, suono e medicina.