Proponiamo alcuni stralci da un ampio intervento sul potere del tamburo sciamanico pubblicato recentemente da Paolo Adduce, musicista torinese.
Tutte le cose che vibrano sono sensibili tra di loro, quindi potremmo dire che il suono è l’anello di congiunzione tra tutti i fenomeni. Come le corde di una chitarra che vengono pizzicate, vibrano e fanno vibrare la cassa armonica o le corde di un altro strumento, così pure tutte le cose si influenzano a vicenda mediante la legge sottile dello scambio vibratorio. Siccome il corpo si comporta come un diapason messo vicino ad un altro diapason, accade che i corpi e i loro componenti entrino in risonanza simpatica o simpatetica e si mettano a vibrare alla stessa frequenza.
Negli anni ’60, Michael Harner, scoprì che il tambureggiamento veniva usato in uno specifico contesto di guarigione sciamanica dai Coast Salish del Puget Sound, nella parte occidentale dello stato di Washington, anche se non comprendeva i viaggi sciamanici. Harner decise di comprare un tamburo a due facce del tipo Pueblo e di sperimentarlo per compiere un viaggio sciamanico: con sua piacevole sorpresa, scoprì che la percussione monotona e ripetitiva alterava immediatamente il suo stato di coscienza. Sin dall’inizio dei suoi esperimenti, scoprì che un ritmo monotono e sempre uguale, di circa 205-220 colpi al minuto, era il più efficace; a quel tempo non sapeva ancora che quella era la stessa frequenza usata nel tambureggiamento degli sciamani siberiani e solo alcuni anni dopo, Harner riuscì a venire in possesso di un nastro con quattro minuti di registrazione di un tamburo siberiano, ottenendo la conferma delle sue teorie.
Nel 1984, durante il suo primo viaggio in Unione Sovietica, Harner incontrò Yuri Simchenko, un etnografo russo il quale aveva speso ventotto periodi di ricerche sul campo in Siberia. Simchenko aveva appreso che i veri sciamani siberiani usavano di norma soltanto il tamburo per alterare la coscienza, invece che certi funghi psicoattivi (Amanita muscaria), assunti sopratutto dai non sciamani: la motivazione era nella difficoltà di mantenere una disciplina necessaria per il lavoro sciamanico, quando lo spirito dell’Amanita si impossessa del corpo.
I Ciukci della Siberia orientale, sono noti per l’utilizzo saltuario dell’Amanita, ma il grande etnologo russo Waldemar Borgoras, scrisse nel suo classico lavoro sui Ciukci (1907): “Gli unici mezzi utilizzati dagli sciamani Ciukci, novizi o esperti, per comunicare con gli ‘spiriti’, sono il tambureggiamento e il canto”.
Dopo le scoperte sopraccitate, Harner iniziò a chiamare, gli stati alterati che accompagnano il tambureggiamento (e gli psichedelici), “stati sciamanici di coscienza”. Non si trattava di stati alterati incontrollati, ma di stati che includono la conoscenza delle finalità e della disciplina sciamanica, quali l’aiuto e la guarigione.
Negli anni ’70, esaminando la letteratura scientifica alla ricerca di una spiegazione degli effetti mentali del tambureggiamento, Harner trovò solo tre pubblicazioni significative in inglese sull’argomento: l’autore di due di quelle tre pubblicazioni era Andrew Neher, il quale all’inizio degli anni ’60, fu il pioniere degli studi scientifici sugli effetti del suono del tamburo sulle onde celebrali. I risultati delle ricerche in laboratorio, portarono Neher a concludere che il suono del tamburo, produce dei cambiamenti “inusuali” nel sistema nervoso, egli lo chiamò “stimolo uditivo”.
Trasportato dalle vibrazioni del tamburo, lo sciamano, viene introdotto in una realtà differente, il rullare continuo gli permette di esplorare “Mondi” paralleli, viene sostenuto nella trance ma nello stesso momento rimane ancora in collegamento con la realtà ordinaria. Il suono del tamburo è come il filo di Arianna, gli permette di andare verso l’ignoto mantenendo però la connessione con la terra. Lo sciamano sa sempre come ritornare ed il suono che lo accompagna nel viaggio è anche il “faro” per il suo ritorno. Seguendo una precisa cosmologia, egli si muove liberamente all’interno di luoghi spirituali, metafisici e colmi di sacralità: sono dimensioni nelle quali ci si può ricongiungere al proprio io, alla propria essenza, agli antenati, agli spiriti e agli antichi maestri. Tutto risulta possibile, immortale ed infinito, il corpo diventa energia e l’anima è nuovamente libera di muoversi e fondersi con l’Universo.